8 Ottobre, 2015

Verso una fenomenologia della tecnologia

computer-school
Foto CC di Sandia Labs

La tecnologia è uno strumento e come tale non può essere “buono” o “cattivo” in sè. Lo diciamo anche di fronte all’ennesima ricerca sul rapporto tra apprendimento e tecnologia, ripubblicata in questi giorni anche su siti italiani.

“Un nuovo studio conferma tutte le ansie” dice “Il Cambiamento”, che riporta in italiano la ricerca della Organization for Economic Cooperation and Development (OECD), pubblicata dal blog The Hechinger Report.

Dopo aver analizzato l’uso del computer tra i quindicenni di 31 nazioni la ricerca ha “riscontrato che gli studenti che usano maggiormente il computer a scuola hanno minori abilità di lettura e più bassi rendimenti in matematica” e che “chi utilizza internet ogni giorno ha le performance peggiori”.
Attribuire allo strumento l’esito di un processo educativo, come sembra a tratti fare l’articolo, è però assolutamente fuorviante. A noi non piace alimentare le ansie.
Crediamo invece che i dati emersi possano essere letti come evidenza della necessità di “formare all’uso“, (così come i processi educativi fanno negli altri ambiti e contesti).

Lo stesso direttore dell’OECD Jill Barshay, citato nell’articolo, commenta in chiusura: “Questo studio mi induce a concludere che la tecnologia abbia in sè molte potenzialità ma è difficile utilizzarla e implementarne l’uso in maniera intelligente ed equilibrata. Probabilmente è meglio investire il denaro nella formazione di bravi insegnanti piuttosto che nell’acquisto di tanti computer”. Noi aggiugiamo: “bravi insegnanti che sappiano integrare in modo creativo l’uso di metodi tradizionali a quelli più innovativi”.

Quindi torniamo alla posizione di partenza: lo strumento non può essere responsabile dell’esito.
Ci sembra che non abbia senso aprire un dibattito su “tecnologia sì tecnologia no”: la tecnologia è un dato di fatto, una realtà che già esiste nella vita di bambini, ragazzi, studenti.
E’ perciò necessario avere gli strumenti per supportarli nella gestione di questi nuovi scenari, perché non siano soli nella sperimentazione, nella socializzazione e nell’apprendimento del mondo digitale e della sua connessione con tutte le altre esperienze di vita. Occorre quindi piuttosto domandarsi: stiamo avviando le giuste riflessioni per affiancare i nostri ragazzi in questi nuovi contesti? Siamo in grado noi adulti di usare e sfruttare al meglio gli strumenti a disposizione?

La Redazione di ABC Digitale



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